Norimberga: la malvagità del potere.


È il 23 Dicembre. Il mondo si prepara al Natale mentre al cinema è uscito un film che parla del primo processo su crimini contro l’umanità. 


È appena finito il secondo conflitto mondiale e si cerca a tutti i costi - necessariamente - un colpevole, qualcuno che risponda delle bestialità commesse ai danni degli ebrei e dell’umanità intera. Sul tavolo dei vincitori ci sono gli americani, gli inglesi, i francesi e i russi. Sono l’accusa e i giudici. Dall’altra parte ciò che è rimasto del Reich tedesco, chi non si è suicidato, chi non è riuscito a nascondersi e chi si è arreso.


Russell Crowe interpreta in maniera magistrale Hermann Göring secondo in comando a Hitler. Il capro espiatorio per tutto ciò che è successo durante la guerra. 

Rami Malek veste i panni di Douglas Kelley, lo psichiatra americano incaricato di verificare la sanità mentale dei detenuti tedeschi.

La pellicola ruota attorno alla lotta psicologica tra Göring e Kelley. 

Dai loro iniziali incontri ai dibattiti più accesi sul senso del male e del potere. 

Perché quello che sta avvenendo è un processo ideato dai vincitori contro i vinti. Ma se Göring avesse indossato i panni di un giudice e gli Alleati quelli dei prigionieri come sarebbero andate le cose? Il processo di Norimberga altro non era che l’assoluzione di un boia per aver impiccato dei criminali? Un modo per pulire la coscienza e fare la  cosa giusta applicando la legge?


È un film che fa riflettere sul potere e sulle sue conseguenze. Sulla malvagità che come un morbo tocca e distorce tutto, anche le menti più salde. È una pellicola più attuale che mai. Perché se oggi ci fosse un nuovo processo di Norimberga (e ci sarebbero tutti gli elementi per farlo) al tavolo degli imputati ci sarebbero diversi capi di Stato e al banco dei giudici tutti i civili che come unica colpa hanno quella di essere nati nel posto sbagliato.


Russell Crowe rappresenta in modo magistrale il male e le sue sfaccettature più umane. È affascinante e disturbante allo stesso tempo perché descrive in maniera razionale tutto ciò che c’è di sbagliato dandone un senso, una logica. Influenza perfino il dottor Kelley. Entra nella sua testa, empatizza con lui. È il fascino del male o il magnetismo di un uomo complicato?


“Norimberga” porta lo spettatore a farsi domande, a contraddirsi e inevitabilmente a pensare al  presente. Perché probabilmente non ci sarà più un processo di tale portata, ma i crimini contro l’umanità si. E dunque, chi risponderà di tutto questo se i vincitori continueranno ad essere al tavolo dei giudici? 

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