Due giorni nella Trieste imperiale - Diario di bordo




Da un po’ di tempo a questa parte ho cominciato ad apprezzare le città di mare. Forse, finalmente, ho capito qual è il momento migliore per visitarle, forse nel silenzio generale interrotto dal suono delle onde che si infrangono sugli scogli ho capito che il sole non sempre brucia, che il vento non sempre è fastidioso e che il profumo del mare è diventato uno dei miei preferiti. 
Trieste mi ha accolto in tutto il suo splendore attraverso la strada che dall’entroterra sbuca verso il mare, là dove quell’azzurro si fonde con quello del cielo. Là dove volgere lo sguardo verso l’orizzonte non fa paura, anzi, dà sollievo..

La chiamano “la piccola Vienna” e se all’inizio ero un po’ scettica ho presto capito il motivo del soprannome. Trieste è imponente, i palazzi sono eleganti e maestosi e c’è una commistione di lingue, accenti e modi diversi di parlare. Trieste è figlia della storia, della sua personalissima storia. Piazza Unità d’Italia ha un nome patriottico, un nome italiano. È la più grande piazza europea che si affaccia sul mare, su quel mare dove si scorge un castello incastonato tra le rocce. Una fortezza voluta da un uomo che ha amato molto Trieste: Massimiliano d’Asburgo, il fratello di Francesco Giuseppe, Imperatore d’Austria. 

Il castello di Miramare è bellissimo. Un piccolo gioiello che si scorge tra gli scogli. È immerso nella natura e circondato dal mare. Quasi tutte le stanze danno su quello specchio blu donando un senso di infinito e di quiete. Massimiliano era un marinaio, un uomo di mondo e in questo luogo è riuscito ad esprimere completamente sé stesso e le sue passioni. All’interno del castello c’è anche una biblioteca che conta circa 7000 volumi, nemmeno a dirlo è la stanza che più mi è piaciuta. Ci sono libri ovunque. Dentro le credenze, negli angoli, sopra le porte che portano ad altre stanze. Lì ho sentito l’inconfondibile profumo delle pagine che ingialliscono, che invecchiano assieme al legno degli arredi. Ho provato conforto tra quei tomi. Conforto non tanto per il loro contenuto ma per ciò che rappresentano. Storie e culture tramandate nel tempo, nell’inesorabile fluire di tutte le cose..
Mi ci sono persa tra quelle stanze, mi sono persa fuori su quella grande terrazza che dà sul mare. Dove il bianco della pietra si mischia e si fonde con il blu che porta lo sguardo lontano.

Ho camminato sul porticciolo. Quello ritratto nel famoso quadro appeso, protetto, dalle mura del castello. Quello in cui ho cercato e ritrovato lei, Sissi, la passione di una vita. L’Imperatrice era molto affezionata a suo cognato Massimiliano, le piaceva Trieste e spesso usava la sua posizione strategica come punto di partenza per i suoi numerosi viaggi per mare, in giro per il mondo.
Massimiliano, inoltre, aveva fatto costruire una stazione ferroviaria a Miramare con un ricovero per le carrozze. Ad oggi è ancora in funzione ma il suo interno non è visitabile purtroppo! Resta la bellezza di un luogo fermo nel tempo. Un luogo che è stato passaggio e crocevia di personaggi illustri e che è sopravvissuto fino ai giorni nostri. 
Prima di Massimiliano un altro membro della famiglia asburgica ha reso grande Trieste: Maria Teresa. A lei è dedicato tutt’oggi un borgo, il famoso Borgo Teresiano, dove è presente anche un tallero per sottolineare quanto la città le sia grata per averla resa un grande porto e quindi una città importante mitteleuropea. Si trova su uno spiazzo, incorniciato da bellissimi palazzi e canali che danno sul mare. È impossibile non vederlo, soprattutto in una limpida giornata di sole. Davanti a quel tallero mi sono resa conto di quanto Trieste sia fiera della sua storia, indipendentemente dalla bandiera, e di quanto sia stata amata da chi l’ha resa ciò che è oggi: una città fatta di tante genti e di tante lingue. Una città di confine. 
Un po’ del “dimenticato” impero austro- ungarico si trova anche a tavola. Nel bellissimo caffè “la Bomboniera” ho assaggiato il rigojanci, un dolce ungherese fatto interamente di cioccolato. Mentre osservavo la vetrina piena di dolci una signora si è avvicinata e mi ha chiesto se ero di Trieste. Quando le ho detto di no mi ha guardato e me l’ha indicato dicendo: “io assaggerei quello”. Mi sono fidata e ho fatto bene. Mi è piaciuto davvero tanto!
In un’osteria con cucina triestina invece ho assaporato gli gnocchi di pane con goulash, anche questo di origini ungheresi e gli gnocchi ripieni di marmellata di susine con una spolverata di cannella. Ho trovato tutto eccezionale!
Volevo concludere questo bellissimo viaggio con lei. Uno dei motivi per il quale ho sempre desiderato visitare Trieste. Davanti alla stazione svetta imponente una statua dedicata a Sissi, Imperatrice d’Austria, regina d’Ungheria e sovrana di tantissimi altri luoghi. Amata dai triestini e ricambiata a tal punto che nel 1912 fu eretto un momento in suo onore ma rapidamente smontato nel 1918 quando Trieste diventa italiana. I pezzi vengono conservati a Miramare fino al 1997 per poi tornare poco distante dalla posizione originaria. Accoglie con la sua imponenza chi arriva in città e ricorda che i miti non vengono dimenticati nel tempo, che Trieste non dimentica la sua storia e non la rinnega. Che, forse, qualcosa del detestato Impero è rimasto. Perfino scolpito nella pietra, in quelle statue che guardano il mare come quella di Massimiliano in piazza Venezia, come il tallero di Maria Teresa che protegge un borgo.
Noi siamo pezzi di storia, della storia fatta da altri. Quegli “altri” che ci hanno permesso di essere chi siamo davvero: italiani. Nonostante tutto un po’ nostalgica lo sono. Grata, ma nostalgica. 




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