Di guerra e di noi - Marcello Dòmini
Di guerra e di noi è la storia di due fratelli e copre l’arco di due guerre mondiali, correndo a perdifi ato dal 1917 al 1945. Comincia nelle campagne intorno a Bologna, e da lì non si sposta. Proprio come L’amica geniale dal Rione, a Napoli. Proprio come Patria di Aramburu dal piccolo paesino alle porte di San Sebastián. Di guerra e di noi è infatti un grande romanzo popolare. Al centro della storia ci sono due fratelli che rimangono orfani (il padre non torna dalla Prima guerra mondiale) e che la madre, ormai sola, è costretta a separare. Il più grande, di nome Ricciotti, andrà a studiare in collegio a Bologna. Il più piccolo, Candido, resterà al mulino. Il collegio di Ricciotti è un collegio di ricchi, e la vita di Candido al mulino è una vita da poveri. Finiti gli anni avventurosi e duri del collegio, Ricciotti sarà segnalato per andare a lavorare nella neonata Casa del fascio, dove incontrerà Leandro Arpinati, che diventerà suo mentore e amico. Candido resterà invece a lavorare nelle campagne frequentando sempre più quegli uomini e quelle donne che, col passare degli anni, andranno a formare le bande partigiane. Ma Ricciotti non è fascista, e Candido non è interessato più di tanto alla politica. Pensano entrambi a mandare avanti il mulino, a proteggere la madre e i lavoratori che vi lavorano, pensano a correre dietro alle ragazze, e soprattutto a comportarsi bene quando molti intorno a loro, a causa della guerra, si comportano male. Come per Oskar Schindler, tuttavia, la grande occasione per trasformare il mulino di famiglia in un progetto onesto ma più ambizioso è proprio la guerra. Marcello Domini segue le vite dei due fratelli lungo ventotto anni, e segue, senza mai perderle di vista, le vite dei personaggi che intorno ai fratelli e al mulino si muovono, e lo fa rovesciando situazioni, svelando fondi segreti (dei muri e dei personaggi), collegando incontro a incontro, fatto a fatto, con una voce profonda, potente e in fondo scanzonata, perché, per la guerra, parte la giovinezza.
Recensione:
Potrei aprire la recensione con due semplici parole “vorrei, ma..” per me sufficientemente significative ma per chi ha intenzione di leggerlo o è curioso di saperne di più non dicono poi molto.
“Vorrei, ma” perché è un libro che ha tutte le carte in regola per essere bello, appassionante ed intrigante ma se avesse avuto un centinaio di pagine in meno non sarebbe stato poi così male.
Marcello Dòmini nella sua prima opera (c’è un seguito intitolato “Boom!) racconta la storia di una famiglia della campagna bolognese. La narrazione comincia durante il primo conflitto mondiale andando a raccontare anche il secondo. Abbraccia, quindi, un arco temporale vasto. Il protagonista di questo libro è Ricciotti che, essendo orfano di guerra, ha la possibilità di studiare a Bologna. Si allontana presto dalla famiglia, dal fratellino Candido e con innocenza e serietà si immerge nel mondo degli adulti prima del tempo. E forse sarà questo che lo preserverà e lo aiuterà in quel mondo che anno dopo anno conoscerà l’avvento del fascismo e le sue brutture fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale.
Ricciotti non è l’unico protagonista perché il racconto narra di tanti personaggi che hanno una loro utilità, un loro perché all’interno della storia. Nessuno viene lasciato indietro, tutti hanno la loro importanza e questa è una caratteristica che mi è piaciuta molto. Il cerchio si chiude alla fine dando un senso ad ogni conoscenza, ogni storia e azione.
Arpinati credo sia il personaggio più emblematico e complesso di tutta la storia. Accoglie il dodicenne Ricciotti nella casa del fascio e lo cresce quasi come un figlio. Tra loro il rapporto è forte e solido e non si perderà nemmeno nelle fasi più difficili del conflitto mondiale. Fervente fascista, uno della prima ora, si rende conto un po’ alla volta di ciò che significa vedere sgretolare un ideale. Di quanto un’idea definibile “buona” possa causare danni inestimabili. L’ho detestato per diverso tempo (a lui sono dedicate pagine e pagine di narrazione) però ha avuto per me una sorta di redenzione. Sempre fedele ai suoi ideali ha avuto l’onesta intellettuale di ammettere gli errori di quell’ideale nel quale credeva fermamente.
Per quanto il libro mi sia piaciuto ho trovato troppe nozioni storiche inframmezzate nella narrazione. In certi passaggi (sopratutto durante il racconto dell’ascesa del fascismo a Bologna) mi sembrava di leggere un saggio sulla storia della città e non un libro di narrativa.
Leggendo i ringraziamenti a fine libro l’autore cita il comune di Bologna per “aver messo a disposizione l’immenso archivio di avvenimenti, luoghi, protagonisti..”. Ecco, in certi passi mi sembrava di essere in quell’archivio a leggere tutte le nozioni che ha poi inserito nel libro.
È un vero peccato perché la storia già di per sé è avvincente e resa simpatica, a tratti “leggera” dalla scrittura magnetica e incalzante dell’autore. Questa è stata l’unica ma importante nota stonata di una lettura che sarebbe potuta entrare nelle preferite dell’anno.
Ho apprezzato la moltitudine dei personaggi, la loro complessità e caratterizzazione. Mi sono affezionata a molti di loro (Candido con la sua semplicità e schiettezza rientra tra i miei preferiti) ma il tutto è stato rovinato un po’ dal resto.
Questo è un vero peccato e forse mi porterà a desistere alla lettura del secondo. Per quanto sia curiosa di sapere le sorti di Ricciotti, dall’altra parte non ho intenzione di sapere cosa succede alla Bologna del dopo guerra. Non so se cambierò idea, ne dubito e un po’ mi dispiace.
Valutazione:
★★★/5
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