Il cognome delle donne - Aurora Tamigio

Feltrinelli editore | pag 416 | 18,05 €
Trama:

All’origine c’è Rosa. Nata nella Sicilia di inizio Novecento, cresciuta in un paesino arroccato sulle montagne, rivela sin da bambina di essere fatta della materia del suo nome, ossia di fiori che rispuntano sempre, di frutti buoni contro i malanni, di legno resistente e spinoso. Al padre e ai fratelli, che possono tutto, non si piega mai sino in fondo. Finché nel 1925 incontra Sebastiano Quaranta, che “non aveva padre, madre o sorelle, perciò Rosa aveva trovato l’unico uomo al mondo che non sapeva come suonarle”. È un amore a prima vista, dove la vista però non inganna. Rosa scappa con lui, si sposano e insieme aprono un’osteria, che diventa un punto di riferimento per la gente dei quattro paesi tutt’intorno.
A breve distanza nascono il bel Fernando, Donato, che andrà in seminario, e infine Selma, dalle mani delicate come i ricami di cui sarà maestra. Semplice e mite, Selma si fa incantare da Santi Maraviglia, detto Santidivetro per la pelle diafana, sposandolo contro il parere materno. È quando lui diventa legalmente il capofamiglia che cominciano i guai, e un’eredità che era stata coltivata con cura viene sottratta.
A farne le spese saranno le figlie di Selma e Santi: Patrizia, delle tre sorelle la più battagliera, Lavinia, attraente come Virna Lisi, e Marinella, la preferita dal padre, che si fa ragazza negli anni ottanta e sogna di studiare all’estero. Su tutte loro veglia lo spirito di Sebastiano Quaranta, che torna a visitarle nei momenti più duri.
Con la freschezza dei 35 anni, Aurora Tamigio scrive al suo esordio un romanzo familiare dal respiro ampio e dal passo veloce, che trascina il lettore come un fiume: epica popolare, saggezza antica e leggerezza immaginifica, riso e pianto, e poi personaggi impossibili da dimenticare. Lo scrive come se fosse semplice, e non lo è. Semplice è leggerlo, non ci si ferma più fino all’ultima parola. 

Recensione:

Aurora Tamigio al suo esordio come scrittrice regala un libro denso. Denso di tante emozioni: rabbia, amore e dolore. Racconta di donne tutte diverse tra loro unite dal filo generazionale. Rosa, Selma, Patrizia, Lavinia e Marinella.
Tutto ha inizio con Rosa, che sin da piccola conosce le cinghiate del padre e scappa con l'uomo che amerà tutta la vita. Metterà al mondo tre figli, due maschi e una femmina. L'agognata femmina Selma. Più mite della madre, meno forte caratterialmente. Selma commette solo un errore, il più grande della vita: sposa Santi Maraviglia. Dal loro matrimonio solo tre cose buone avrà: le sue tre figlie femmine.
Patrizia, la più grande, è testarda e cocciuta. È fatta della pasta di cui sono fatte le donne forti. Dice quello che pensa, impara ad essere il capofamiglia ed è il perno cui girano attorno Lavinia e Marinella.
Lavinia, a differenza della sorella maggiore, è romantica e con la testa tra le nuvole. È una sognatrice che talvolta sa avere i piedi per terra.
Marinella invece si trova a crescere troppo presto. La preferita del padre, quel padre che non ci pensa due volte a sbattere le figlie fuori di casa in un momento di rabbia.

"Il cognome delle donne" è uno schiaffo in pieno viso. È il racconto di cinque donne che hanno dovuto sopravvivere, ognuna a modo suo. È la storia di donne che hanno combattuto le loro guerre personali e a volte hanno riportato sconfitte, poche volte vittorie.
È un libro diverso da ciò che mi aspettavo. Ho odiato diversi personaggi, uno in maniera viscerale.
Qui gli uomini fanno la figura di quelli che vogliono provare a comandare ma non ci riescono più di tanto. Sono quelli che alzano la voce, che mostrano le mani aperte e che perdono la pazienza. Possono fare ciò che vogliono ma le donne di questa storia continueranno a sfidarli a viso aperto. Cercheranno di evadere dalle loro prigioni personali.

Con lo sfondo di un'Italia in tumulto, Aurora Tamigio racconta cosa vuol dire essere donne in un'epoca in cui le vittorie vanno conquistate duramente. 
Emancipazione, lotta contro un padre/padrone e contro le ingiustizie della vita.
Patrizia, Lavinia e Marinella si trovano a crescere troppo in fretta e tutto d'un colpo. Leggendo, involontariamente, provavo una forte rabbia nei confronti di chi si professava "famiglia" ma che non ha saputo proteggerle. E proprio loro tre, da sole con le spalle al muro, hanno dovuto aiutarsi a vicenda e diventare una sola cosa.
È questa la forza delle donne che sono obbligate a portare il cognome degli uomini. E proprio in quella forza riusciranno a rialzarsi, a curare le ferite del corpo più di quelle dell'anima.

"Ora il tempo le si era seduto accanto, pesante tanto che il materasso di Selma aveva preso trecento chili. Il tempo erano le lancette che tagliavano, come i coltelli affilati di nonna Rosa, i secondi,  i minuti, le ore le giornate che restavano da vivere con la mamà."

Aurora Tamigio ci affida, attraverso la voce di tutte e cinque le protagoniste del libro i loro sogni, le loro speranze e il loro dolore. È un racconto chirurgico e duro della condizione umana, della condizione di donna. È un'avventura bella ed intensa allo stesso tempo. Il lettore è uno spettatore silenzioso coinvolto quanto basta da soffrire assieme a loro e da gioire allo stesso modo.
È un libro intenso, non pensavo così tanto e, complici le notti insonni, è scivolato via in un attimo. Quando ho girato l'ultima pagina avevo la certezza che le sorelle Maraviglia avrebbero continuato a vivere nel loro mondo di donne facendosi valere come hanno fatto sin dall'inizio. Le ho lasciate con un mezzo sorriso sul volto, certa che avrebbero saputo conquistarsi un posto nel loro piccolo mondo conservando il loro modo di essere.

"Lo sapere, vero, che il cognome delle donne è una cosa che non esiste. Portiamo sempre quello di un altro maschio."

Aurora Tamignio non fa sconti per nessuno e ci regala una lettura bella e coinvolgente, forte (ma credo di averlo già detto) e dettagliata. Ci regala un libro che è molto di più di ciò che appare e alla fine non si può che essere soddisfatti del viaggio appena concluso.

Valutazione:

★★★★/5







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