Diario di bordo - Settembre 2023

Settembre è il mio mese preferito in assoluto. Sarà perché il caldo dà un po’ di tregua, sarà che programmo sempre le mie vacanze in questo periodo, sarà che c’è meno gente in giro. Si sente nell’aria il profumo della malinconia data da nuovi inizi e ritorni. Malinconia che amo e che negli anni ho fatto mia.
Quest’anno Settembre sa di mare, di acqua salata, di focaccia e taralli. Settembre è stata la mia evasione dal mondo per dieci giorni. 
Dieci giorni sono tantissimi, per me, che programmo la vita vivendo giorno per giorno (a volte anche mezza giornata alla volta). Quest’anno Settembre è stato il calore di una terra stupenda che ha saputo ammaliarmi e del mare che mi ha insegnato che ci vuole pazienza e semplicità nelle cose più belle.
In questa terra bellissima Modugno cantava: “ma guarda intorno a te, che doni ti hanno fatto, ti hanno inventato il mare”. Ed io, che non sono un’amante della stagione estiva, mi sono seduta su quella terrazza e ho ascoltato le onde del mare infrangersi contro gli scogli. 
Mi sono detta “respira” e per la prima volta, dopo tanti mesi, ho cominciato a farlo sul serio.

Mi sono persa per le vie di Bari, quella città vecchia fatta di sugo che cucina sul fuoco, di voci concitate, di bambini che giocano per strada. Mi sono fatta incantare dagli scorci sul mare, da quell’angolino quieto, dalle signore che davanti l’uscio di casa facevano le orecchiette. Per le vie della città ho mangiato una focaccia appena uscita dal forno, croccante, saporita e buona. 
Mi sono innamorata di Trani e della sua cattedrale a picco sul mare. Il bianco delle mura in contrasto con un cielo blu che mi ha mozzato il fiato e come sottofondo lo sciabordio dell’acqua, il suono delle onde che si infrangono sulla scogliera.

Mi sono lasciata conquistare da Matera, dai suoi sassi e dal suo fascino di luogo fermo nel tempo, pietrificato in una realtà diversa da come ce la si può aspettare. Sassi, vicoli, case. Tutto disordinatamente allineato, tutto estremamente poetico. Un paesaggio che sembra una cartolina per chi, come me, apprezza anche ciò che non ha sempre un perché.
Locorotondo, invece, l’ho trovata geometricamente perfetta. Alta, fiera e bianca. Un luogo bellissimo dove perdersi e scoprire scorci meravigliosi su una terra rossa bruciata dal sole piena di ulivi e viti. Qui non c’è il blu del mare ma ho trovato un cielo altrettanto bello che mi ha fatto dimenticare tutto il resto.
Alberobello, invece, l’ho trovata più caotica e turistica. Sicuramente molto carina e pittoresca. Ho preferito il suo lato più solitario e meno conosciuto (strano, vero?). La parte più silenziosa e meno affollata. Solo così ho saputo apprezzarne la bellezza: nella solitudine.


In questa vacanza ho letto poco, ho mangiato tantissimo e altrettanto ho dormito. Ho mangiato il panino con il polpo fatto ai ferri, panzerotti in riva al mare e focacce ovunque e a qualsiasi ora del giorno. Ho scoperto che la tetta della monaca è uno dei miei dolci preferiti e che le olive hanno un sapore completamente diverso. Mi sono affezionata alle piante cariche di fichi maturi e rossi, pronti per essere colti. E ho scoperto che le calette più belle sono le più difficili da raggiungere. Ho invidiato chi ha la fortuna di abitare vicino al mare (quel mare) ma che è più bello viaggiare per trovarlo, anziché averlo sotto gli occhi tutti i giorni


Ho avuto il privilegio di allontanarmi dal mondo per dieci giorni nei quali l’universo intero ha voluto  darmi una tregua. Ho ricaricato le batterie pronta ad affrontare una stagione nuova e sfiancante. E ogni tanto, quando torno a sentire il peso del mondo, l’oppressione data dai pensieri e dalle preoccupazioni, cerco di ricordare a me stessa di respirare. Perché se chiudo gli occhi sono di nuovo seduta di fronte a quella terrazza, con il sole che lentamente cala colorando il cielo di un arancione acceso. Sono lì che sorrido. Una leggera brezza muove i vestiti. Ed io sorrido, dimenticandomi di tutto.

E respiro.


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