Il patto dell’acqua - Abraham Verghese

Neri Pozza | 734 pagine | 22,00 €

Trama:

Travancore, Costa di Malabar, 1900. Una ragazzina di dodici anni cerca di prendere sonno tra le braccia di sua madre. Domani lascerà la casa in cui è cresciuta per andare sposa all’uomo cui è stata promessa. Colui che diventerà suo marito, il nuovo padrone della sua vita, ha trent’anni di piú, è vedovo, con un figlio ancora bambino. La piccola sposa va incontro al suo futuro cosí come è stato deciso da altri, come hanno fatto sua madre e la madre di sua madre prima di lei. «Il giorno piú brutto nella vita di una ragazza è il giorno del matrimonio. Poi, se Dio vuole, le cose migliorano» le viene detto. Il vedovo è un buon partito, come loro è parte di quell’antichissima comunità di cristiani convertiti da san Tommaso diciotto secoli prima, e per qualche strano motivo accetta una moglie senza una rupia di dote, anche se si mormora che la sua stirpe sia afflitta da una strana maledizione: in ogni generazione almeno una persona muore affogata. E in quello che oggi si chiama Kerala l’acqua è ovunque, plasma la terra in una trina di laghi e lagune, accompagna col suo canto sommesso le esistenze, si nutre dei monsoni, collega tutto nel tempo e nello spazio. La sposa viene accolta con affetto nella nuova casa e, nell’arco della sua lunga, straordinaria vita, conosce la gioia di un grande amore, patisce il dolore di infinite perdite, assiste a cambiamenti epocali. La sua famiglia si espanderà e si ritirerà con le nascite e le morti. Finché arriverà una nipote che porterà il suo nome, studierà medicina e giungerà a una scoperta sconvolgente. Evocazione luminosa di un’India in cammino verso la sua trasformazione politica e culturale, celebrazione di un popolo antico immerso in una natura ancora prepotente, Il patto dell’acqua è il nuovo romanzo di Abraham Verghese, «che espone il lettore a una bellezza cui altrimenti non potrebbe accedere» (The New York Times); un libro-mondo di straordinaria potenza che custodisce tutti gli eventi preziosi dell’esperienza umana.

Recensione:

Oprah Winfrey scrive di questo libro: “Mentre leggevo il patto dell’acqua ogni tanto dovevo fermarmi e ricordarmi di respirare.” Parole profetiche per raccontare una lettura durata troppo poco tempo. 734 pagine sono volate in un niente, si sono susseguiti fatti, personaggi, nascite e morti. È successo tutto così velocemente che, girando l’ultima pagina, era come se avessi perso non un amico ma un’intera famiglia.

Il patto dell’acqua racconta la storia dell’India a partire dal 1900 fino al 1977. Racconta fatti storici, politici e sociali attraverso le vicissitudini di una famiglia e dei personaggi che, per un motivo o per l’altro, si sono ritrovati a far parte di essa.
Tutto ha inizio con il matrimonio di Mariamma, dodici anni, e Thamb’ran che di anni ne ha quaranta ed è rimasto vedovo con un bimbo piccolo JoJo da crescere. Comincia così la storia della famiglia di Parambil che di quella terra ha fatto un porto sicuro, un luogo nel quale tornare e ritrovarsi. Perché un uomo così maturo dovrebbe prendere in moglie una ragazza ancora bambina? Si vocifera che la famiglia sia affetta da uno strano Morbo. Un Morbo che porta a tenere tutti lontani dall’acqua..
E cosi, in realtà, ha inizio una delle storie d’amore più belle che abbia mai letto. Dimenticate le dichiarazioni d’amore accorate, dimenticate le liti furiosi di giovani amanti..perché non troverete niente di tutto ciò. 
Troverete l’amore racchiuso in piccoli gesti. L’abbonamento settimanale ad un giornale, un sorriso alla fine della cena per dire che il cibo era buono. La pazienza e il rispetto. Il silenzio che dice più di una semplice parola. Mariamma, che diventerà Grande Ammachi, imparerà presto a conoscere e interpretare i silenzi del marito. Imparerà a riempire i vuoti tra loro con semplici gesti e poche parole. Amerà quell’uomo per tutta la vita e farà tutto ciò che è in suo potere per onorarne la memoria. 
Il patto dell’acqua però non racconta solo la loro storia. Racconta la storia di Rudi e Digby, due medici europei che, per incastri del fato si conoscono e si aiutano. Racconta di Shamuel, un pulaya che è l’ombra di Thamb’ran e che rimarrà fedele a Parambil e alla sua famiglia fino alla fine dei suoi giorni. Racconta anche la storia di Baby Dol e Philipose , i figli di Grande Ammachi

Non voglio snocciolare la trama. È fitta, piena di colpi di scena e di avvenimenti. Preferisco raccontare ciò che ho provato leggendo questo libro che ha tutte le carte in regola (con i dovuti distinguo) per essere definito il “Via col vento indiano”. 
Questo libro racconta la storia dell’India che lotta per la sua indipendenza dall’Inghilterra, racconta i rituali, la stagione dei monsoni, racconta il sistema delle caste e del buon cibo che viene preparato nel modo più semplice. È un’immersione completa e totale in un mondo che non ci appartiene e che, forse, non conosciamo così bene.
Tutto ciò fa da sfondo. I personaggi vivono le loro vite intricate, felici e dolorose mentre tutto scorre, proprio come l’acqua e Thamb’ran e Jojo rifugiano, come l’acqua in cui Philipose prova ingenuamente a nuotare.

Lí, il monsone nutre non soltanto la terra, ma anche il corpo e l’anima, creando una particolare alleanza con la terra, con Dio, con la vita. E chi non rispetta questo patto con l’acqua, che collega tutti nel tempo e nello spazio, è perduto.”

La scrittura di Abraham Verghese diventa subito familiare. È lineare, scorrevole, semplice. Va dritta al punto senza troppi fronzoli. La capacità che ha di cambiare soggetto e raccontarne la storia è disarmante perché ogni personaggio è ben caratterizzato e il suo punto di vista viene raccontato degnamente. I vari intrecci sono gestiti in maniera perfetta e alla fine, chiudendo il libro, si ha la certezza che ogni pezzo del puzzle sia tornato al suo posto. Il cerchio si chiude perfettamente. Non ci sono buchi all’interno della trama, ogni cosa viene svelata e raccontata. 
Inoltre in modo discreto e per niente pesante, racconta la storia politica indiana. Dalla voglia di una propria identità ai movimenti politici estremisti. L’autore ci offre uno spaccato di vita interessante e lo fa in modo genuino. Racconta in modo approfondito degli usi e costumi indiani, del sistema delle caste e di come hanno spesso influenzato la vita di molti uomini. Inserisce, inoltre, molti termini indiani. Ne usa moltissimi nel libri ma questo non porta a incomprensioni perché li inserisce nel modo giusto e una volta capito il significato diventerà familiare associarli a determinati personaggi o trovarli nelle conversazioni. 

Questo libro non è solo la storia della famiglia di Parambil affetta da un Morbo sconosciuto. È tanto, tanto di più. Ed è difficile raccontare in poche righe l’immensità di questo libro. 
Se con le mie parole ho suscitato in voi un po’ di curiosità vi dico solo una cosa: leggetelo! Leggetelo e non arrendetevi. La scrittura è fluida e la storia scivola. Se all’inizio avrete qualche perplessità non fermatevi e andate avanti perché tutto torna, dovete fidarvi. E quando lo avrete finito vi troverete a sorridere, come me, e a voler dimenticare una storia indimenticabile per poterla rileggere come se fosse la prima volta.

Valutazione:

★★★★★/5

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