Filippo e Naditza: quando l'amore non basta. Mare Fuori 3


Ho appena finito di vedere su Netflix la serie italiana più seguita del momento. L'ultima stagione è andata in onda a fine Marzo e io, come sempre, l’ho finita adesso. Così facendo, come mi capita spesso, ho avuto la possibilità di apprezzarla con calma senza pressioni o spoiler. 
Nonostante sia una serie che notoriamente non è nelle mie corde, Mare Fuori ha fatto una specie di miracolo. Mi ha appassionato molto quasi sin da subito. Dopo le prime puntate della stagione 1 ero tentata di lasciar perdere. Sembrava tutto doloroso, in fin dei conti lo era. Però mi sono detta di provare a dargli una possibilità e per fortuna ho seguito il mio istinto (e le insistenze di mia sorella!).

Mare Fuori è una serie interessante che mette a nudo i problemi di una generazione allo sbando. Troppo grandi per mettersi da parte, troppo piccoli per giocare a fare i camorristi. È in questa fase che gli educatori dovrebbero aiutarli e fargli mollare tutto per cercare una vita migliore. Ci riescono? Poche volte.
Ma in questo mare di sofferenza, qualcuno si salva. Lotta e ama. Sogna. Ci spera.
Filippo, chiamato subito il Chiattillo (bravo ragazzo), è una promettente stella nascente della musica classica. Appartiene ad una facoltosa famiglia di Milano e ha un talento per il pianoforte che coltiva sin da piccolo. Si trova a Napoli proprio per questo, per dimostrare la sua bravura. Purtroppo per lui sarà fatale una serata brava dove per un incidente perderà la vita uno dei suoi più cari amici. È per questo motivo che finisce all'interno del carcere minorile. 

Naditza invece appartiene ad una famiglia rom ed entra ed esce dal carcere a causa di piccoli furti che commette e fondamentalmente perché non vuole stare con la sua famiglia pronta ad accasarla con il primo ragazzo ricco della sua gente.

L'incontro tra i due avviene in metropolitana. Al centro di un crocevia c'è un bellissimo pianoforte che Naditza sta suonando. Filippo resta subito ammaliato dalla bravura della ragazza e si avvicina per suonare qualcosa con lei. Lei glielo permetterà...e gli ruberà l'orologio. Inutili saranno le proteste e gli inseguimenti del ragazzo. Quell'orologio non lo rivedrà più così come la ragazza. Questo è quello che crede, perché dopo qualche giorno si troveranno insieme dentro le mura di quel carcere..e nulla per entrambi sarà più lo stesso.

Comincia così la loro storia. Una storia fatta di diffidenza, di rabbia e di invidia. Parlo di invidia perché Naditza ha un talento naturale per la musica. Le basta ascoltare una volta un brano per poterlo riprodurre e Filippo è basito da tutto questo. Tra loro comincia tutto lentamente, a suon di note e sbeffeggiamenti. Lui vuole aiutarla ad imparare a leggere gli spartiti, lei si innervosisce facilmente e lo allontana. Sarà proprio la musica a farli avvicinare e a far scontrare così due mondi che non potrebbero essere più distanti.

Filippo vuole proteggerla, lei vuole farlo crescere perchè la realtà non è quella che conosce lui. Non è fatta di hotel di lusso, di macchine costose e vacanze perfette. La vita è fatta di schiaffi, di morsi e denti stretti. Quella è la vita che conosce lei, quella che lui non ha conosciuto mai.
Ma l'amore può tutto questo, sopratutto alla loro età?


"Di cos'hai paura Filippo?"
"Di morire qua dentro."
"E allora è nu burdello. Io tengo paura che esci. E la fuori io sarò per te una zingara di merda. 
Qua dentro siamo più liberi che fuori.”

Filippo e Naditza ci insegnano una cosa importante: l'amore non sempre basta. È sufficiente un po' di libertà per perdere la ragione. Qualche soldo e qualche sogno nel cassetto per pensare di poter fare molto di più. Un sognatore lui, pratica lei che con la vita ha sempre dovuto farci i conti. La libertà dura poco perché si scontra con una vita che non doveva essere così per loro. Ed è lei a prendere la decisione: lo lascia andare. Lo lascia andare contro la volontà di entrambi e questo aiuta Filippo a crescere, a fargli capire il suo errore.
Ma se l'amore non basta, allo stesso tempo l'amore può. Finché c'è, può. E in qualche modo questi due ragazzi poco più che adolescenti, obbligati a crescere troppo in fretta, ci fanno innamorare della loro storia travagliata che racconta di due mondi lontani anni luce che collidono. Ci insegnano che la tenacia può essere più importante dell'appartenenza e che talvolta bisogna sapere rinunciare per il bene dell'altro.
Può esserci il lieto fine per loro fuori dal carcere minorile? Io voglio pensare di sì. Da inguaribile romantica voglio crederli liberi e dannatamente felici da qualche parte dove, dalle finestre, possono vedere il loro bellissimo mare fuori.



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