Figli della favola - Fernando Aramburu

 
Guanda | 19,00 € | 320 pagine 
Trama:

Asier e Joseba sono due giovani baschi che, imbevuti di ideologia nazionalista, decidono di lasciare tutto per entrare nell'ETA. Fernando Aramburu torna al mondo di Patria e questa volta racconta, con umorismo caustico e irriverente, stile veloce e lampi di virtuosismo, l'addestramento alle armi di due ragazzi spediti nella parte basca della Francia, e più precisamente in una fattoria di allevatori di galline: Asier, rigido e disciplinato, e Joseba, timido e impacciato, si sottopongono con spirito all'inquadramento e attendono ordini, sospinti dalla forza cieca delle loro convinzioni. Proprio quando si sentono pronti all'azione (e sono maledettamente stufi di mangiare sempre pollo) l'ETA annuncia in tv la fine della lotta armata e lo scioglimento delle cellule. Che fare? Ventenni e sprovveduti, senza il becco di un quattrino e travolti da eventi più grandi di loro, i due decidono di fondare una nuova organizzazione di cui sono gli unici membri. Sotto una pioggia implacabile, tra furtarelli, sequestri, soldi sottratti impunemente e amicizie inaspettate, i due si trovano ad affrontare un'avventura rocambolesca tra il drammatico e il comico, mentre gli ideali si scontrano sempre più ferocemente con la nostalgia di casa.

Recensione: 

Se con “Patria” è stato un amore folgorante a prima vista con “Figli delle favole” ho rasentato la disperazione. L’unica cosa che accomuna i due libri ( e ancora stento a crederlo) è l’autore. Perfino la scrittura è diversa. Se nel primo libro troviamo una scrittura chirurgica, dolorosa e intensa nel secondo sembra la cronaca di una barzelletta riuscita male. Aramburu non osa, fa il compitino e lo consegna. Minimo sforzo, massimo risultato. Non è affatto così perché i lettori che come me hanno amato visceralmente “Patria”, leggendo questo libro si saranno sicuramente chiesti il perché di tutto ciò che hanno trovato all’interno.

“Figli della favola” racconta la storia di due ragazzi che si arruolano nell’ETA quando la guerra armata è ormai finita. La storia si apre con Asier e Joseba nascosti in una fattoria in Francia in attesa di notizie da parte dell’organizzazione. Quando apprendono dai proprietari della fattoria che ormai la lotta armata è finita restano basiti. Che fare adesso? 
Decidono di non arrendersi, vogliono continuare ad inseguire il loro ideale. Se l’ETA si scioglie ciò non significa che altri non possano portare avanti le loro rappresaglie. Ricomincia così l’addestramento interrotto. Addestramento che vede corse mattutine, sessioni di lancio di bombe immaginarie ed esecuzioni fatte con i bastoni delle scope (quando va bene, altrimenti si usa l’immaginazione). 
Poveri, senza un soldo ed ingenui. Non si potrebbe descrivere meglio questi due ragazzi che vivono di ideali, che sognano di liberare la loro terra. Decidono di fuggire dalla fattoria per cominciare la loro lotta armata (senza armi). Comincia così la loro storia che li porterà lontano dalla Francia e sempre più lontani dal loro obiettivo.

Leggendo questo libro l’intento dell’autore mi è arrivato forte e chiaro. Forse il diverso stile di scrittura, l’ironia con la quale ha descritto scene e raccontato le vicissitudini di Asier e Joseba mi ha fatto capire che non voleva ripetere le stesse scene di “Patria”, non voleva immergere il lettore nella stessa intensità scatenata dalle sue parole. Ha voluto, forse, prendere una certa distanza da quel libro che ha fatto una grande fortuna.
A quel punto, se il suo intento era proprio questo, forse era il caso di non affrontare il discorso ETA. Forse era meglio non raccontare l’altra parte della barricata. Non così, non in questo modo. Più che le vicende di due ragazzi sprovveduti e giovani mi sembrava di leggere le avventure di Don Chisciotte e Sancho Panza. Mossi entrambi dalla stessa illusione sul futuro,  convinti dei loro ideali e dei mezzi per raggiungerli. Uguali.
Se da una parte Asier e Joseba fanno tenerezza, dall’altro danno noia. Noia perché è evidente che sono stati abbandonati da un’organizzazione allo sfascio. È evidente che la strada migliore è quella da percorrere a ritroso per tornare a casa. Eppure vogliono provarci, ci credono. E chi sono gli altri per fermarli?

Purtroppo il libro non mi è piaciuto per niente. L’ho trovato noioso, ho faticato a procedere con la storia e certe scene erano troppo infantili per la situazione che veniva descritta. È stata una grande fregatura. È possibile che dopo un libro di fama sfolgorante come “Patria” non sia possibile produrre qualcosa di altrettanto buono o quanto meno piacevole? La stella di Aramburu si è spenta per sempre? Chissà..forse no..forse si. Leggendo questo libro propendo per il sì.

Valutazione:

★/5

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