Arrocco siciliano - Costanza DiQuattro

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Casa editrice: Baldini+Castoldi
Pagine: 304 
Prezzo: 18,00 €

Trama: 

È l’alba del Novecento, a Ibla, lì dove la vita scorre fiacca sulla campagna stanca; lì dove si accalcano notabili tronfi, mogli tradite e poveri diavoli; lì dove la farmacia Albanese, per tutti «molto più di una chiesa», di colpo rimane orfana di colui che da tanti anni la amministra con riserbo monastico. Quando a succedergli accorre da Napoli un giovane senza passato, accolto da ostilità e diffidenza che piano piano si sciolgono in un cauto abbraccio, il paese prende a pulsare e la farmacia a rivivere. Ad Antonio Fusco, questo il suo nome, toccherà navigare tra rimorsi polverosi e sciatiche ostinatissime, menzogne sottopelle e vizi feroci, amicizie insperate e cicalecci di popolo; e mentre scongiura il passato e insieme ne resta imbrigliato, mentre si gioca tutto con una mano di carte o una mossa di scacchi, lui riscoprirà e farà riscoprire la vita a chi pure «si sente morire da un pezzo». 

Recensione:

Pensavo che questa lettura rientrasse nella mia comfort zone invece si è dimostrata tutt’altra cosa anche se, dopo averla conclusa, non riesco ancora a catalogarla.
Da una parte ho apprezzato la scrittura di Costanza DiQuattro e le atmosfere create dalla sua penna. Mi sono immedesimata in quel farmacista che ha dovuto sgomitare un po’ per farsi ben volere in paese e che è riuscito a conquistarsi il suo posto.
Dall’altra per la maggior parte del tempo ho detestato profondamente il protagonista. Troppo debole, troppo incline ai vizi, a tratti fragile.
È un libro diverso da “Giuditta e il Monsù”. Qui non troviamo le atmosfere casalinghe, i profumi e i piatti tipici della città. In questo libro viene raccontata la realtà di un paese dove morto il farmacista (un’istituzione dopo il prete e il sindaco) fa la sua comparsa un giovane uomo sconosciuto incaricato di prendere in mano le redini della farmacia. Nessuno sa chi è né da dove viene o perché è lì. Si sa soltanto che è napoletano.
Comincia così la storia di Antonio Fusco e pagina dopo pagina vedremo le sue sofferenze, i suoi dolori, le verità non dette e le sue parole lasciate al caso. Inizialmente appare come un uomo sicuro di sé ma a mano a mano che conosce la città e  si integra nella realtà di paese scopriremo che non è sempre vero ciò che vuole mostrare.
È tormentato Antonio così come lo è il suo passato. Passato che viene svelato un po’ alla volta e che incuriosisce il lettore perché non si sa chi è davvero il protagonista.
Durante la lettura devo ammettere che ho detestato profondamente Antonio. Sembra provare quasi piacere nell’infliggersi dolore, nell’andata a cercare guai e incasinarsi il più possibile la vita. Non sono i guai a cercare lui bensì il contrario e all’ennesimo colpo di testa ho sollevato gli occhi al cielo e ho sbuffato.
Il personaggio che più mi è piaciuto è Federico, un bambino che è fin troppo saggio per la sua età e che sarà un consigliere importante per Antonio, nonché un grande/piccolo amico.
Nel complesso il libro non mi è dispiaciuto anche se mi aspettavo qualcosa di leggermente diverso. Diciamo che i miei interrogativi hanno ricevuto risposta anche se ritengo che il finale sia stato un po’ troppo frettoloso.
Forse mi sono soffermata più sulla storia che sulla metafora presente in questo libro. Metafora che credo di aver colto in parte. L’intento di Costanza DiQuattro non era quello di raccontare la semplice dinamica di un paese che deve accogliere uno straniero. È la volontà di far conoscere i tormenti e i desideri di un animo umano pronto a peccare in modo consapevole e non. Di venire a patti con la verità, la realtà. I vizi e il perdono.
È la storia di un uomo che dopo aver fatto e visto il peggio vuole tornare ad essere libero come il Re degli scacchi.

Valutazione:

★★★/5


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