La stanza delle mele - Matteo Righetto

Casa editrice: Feltrinelli
Pagine: 231
Prezzo: 18,00 €

Trama:

È l’estate del 1954, Giacomo Nef ha undici anni e con i due fratelli maggiori vive dai nonni paterni a Daghè, sulle pendici del Col di Lana, nelle Dolomiti bellunesi. “Tre case, tre fienili, tre famiglie.” I bambini sono orfani e l’anziano capofamiglia li tratta con durezza e severità, soprattutto il più piccolo. Il nonno è convinto infatti che Giacomo sia nato da una relazione della nuora in tempo di guerra e lo punisce a ogni occasione, chiudendolo a chiave nella stanza delle mele selvatiche. Lì il ragazzino passa il tempo intagliando il legno e sognando l’avventura, le imprese degli scalatori celebri o degli eroi dei fumetti, e l’avventura gli corre incontro una tarda sera d’agosto. Con l’approssimarsi di un terribile temporale, Giacomo viene mandato dal nonno nel Bosch Negher a recuperare una roncola dimenticata al mattino. Mentre i tuoni sembrano voler squarciare il cielo, alla luce di un lampo scopre vicino all’attrezzo il corpo di un uomo appeso a un albero. L’impiccato è di spalle e lui, terrorizzato, fugge via. Per tutta la vita Giacomo cercherà di sciogliere un mistero che sembra legato a doppio filo con la vita del paese, con i suoi riti ancestrali intrisi di elementi magici e credenze popolari.

Recensione:

Quando ho finito questo libro ho pensato a quanto dolore ci fosse in queste pagine. Non è stata una lettura facile per me. Forse è il libro sbagliato al momento sbagliato, ma diverse volte durante la lettura ho sospirato pensando a quanto il destino a volte possa essere beffardo.
“La stanza delle mele” racconta la storia di Giacomo, un bambino orfano di entrambi i genitori, ultimo di tre figli che vive assieme ai fratelli con il nonno e la nonna.
Per lui non è un’infanzia facile. Cresce senza alcun tipo di affetto. I fratelli sono più grandi, stanno spesso per conto loro e il nonno lo chiama spesso bastardo e non appena trova il pretesto lo maltratta. Il suo odio nei confronti del nipote più piccolo è dato dal sospetto che sia il frutto di una scappatella di sua nuora con un uomo che non era suo marito.
La verità non si sa, il sospetto resta.
E così Giacomo cresce lavorando al maso dei nonni, seguendo gli ordini, cercando di schivare i colpi. È un bambino che non ride mai e la sua non è una vita facile. Tutto cambia - o peggiora - quando Giacomo scorge il corpo di un uomo impiccato in mezzo ai boschi. Nessuno è disposto a credergli, tutti gli puntano il dito contro e lo allontanano, il nonno sarà ancora più duro nei suoi confronti. Perché? Perché quello che succede nei boschi deve rimanere lì, perché la guerra ha portato cicatrici profonde, segreti inconfessabili e cose non dette. “Basta un po’ di calore per provocare una slavina”..è una slavina è l’ultima cosa che serve ad un paese di montagna.
È il primo libro che leggo di Matteo Righetto. La sua scrittura è semplice, modesta. Priva di ghirigori, giri di parole o metafore. È una scrittura cruda e a volte dolorosa come uno schiaffo in pieno viso.
Ho sofferto un po’ in certe parti del racconto. Ho sofferto insieme a Giacomo mentre passava le notti dentro la stanza delle mele in castigo. Ho sofferto quando veniva malmenato o deriso dai fratelli. Ho provato tristezza per quel bambino che voleva solo del calore umano, quell’amore di madre che gli è mancato troppo presto.
Sono molto combattuta nel dare la mia opinione circa questa lettura. Da una parte la descrizione delle montagne mi è piaciuta molto, avevo come l’impressione di vederle e di sentirne i profumi. Ma per quanto riguarda i rapporti umani ho provato una grande repulsione e talvolta dovevo chiudere il libro e fermarmi un attimo. Non è di una crudeltà inaudita. Probabilmente io ho immaginato come si sarebbe potuta sentire la me undicenne e ho provato una grande tristezza per Giacomo.
La storia che gira attorno a Giacomo non è malvagia. La trama fila, anche se in certi punti alcune cose erano in più e il tutto ha portato ad un risultato finale discreto. Sono soddisfatta della lettura nonostante il bagaglio emotivo che mi ha suscitato.
Consiglio questo libro per chi vuole leggere un racconto vero,  vivido e non privo di dolore. Chi vuole andare con la mente in quei posti dimenticati, dove si parla il ladino e si crede alle leggende. Per chi vuole perdersi nei boschi assieme a Giacomo cercando assieme a lui la verità.

Valutazione: 

★★/5

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