Il primo caffè del mattino - Diego Galdino

 

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Casa editrice: Sperling & Kupfer
Pagine: 273
Prezzo: 16,90 €

Trama: 

Massimo ha poco più di trent'anni, è il proprietario di un piccolo bar nel cuore di Roma, e non si è mai innamorato davvero. Ogni mattina, all'alba, attraversa le vie della città ancora addormentate, dove si sente il profumo del pane appena sfornato, e raggiunge il suo bar. Lì lo aspetta il primo caffè della giornata, quello dall'aroma più intenso, e dal sapore più buono. In fin dei conti sta bene anche da solo, continua a ripetersi man mano che il locale si anima: a tenergli compagnia ci pensano i clienti affezionati, con cui ogni mattina Massimo saluta la giornata fra tintinnio di tazzine, profumo di cornetti caldi e un po' di chiacchiere. Allora come mai, il giorno in cui improvvisamente entra nel bar una ragazza dagli occhi verdi, il viso spruzzato di lentiggini e l'aria sperduta di una turista straniera, Massimo non riesce a toglierle gli occhi di dosso? Né tanto meno a farsi capire in nessuna lingua: al punto che, tempo cinque minuti di interazione, si ritrova una zuccheriera rovesciata addosso, la porta sbattuta in faccia e qualcosa di molto simile a un cuore spezzato che gli martella nel petto. Ma la ragazza con le lentiggini, che viene da Parigi, di nome fa Geneviève e di mestiere inventa cruciverba, tornerà presto da Massimo: perché ha un segreto che non può rivelare a nessuno, e che la lega proprio a quel luogo. Massimo - che da quando l'ha incontrata la prima volta, con la frangia spettinata e il vestito rosso - non se l'è più tolta dalla testa, non potrà che corteggiarla...

Recensione:

Il mio istinto mi diceva che non era il caso di intraprendere questa lettura. Troppi indizi mi facevano capire che questo libro non era esattamente nelle mie corde ma ho voluto comunque provare e dopo 273 pagine di agonia posso confermare le mie remore iniziali.
Da cosa cominciamo?
La trama di per se non è niente di che. Il classico libro che racconta una storia d’amore travagliata e difficile, piena di incomprensioni e litigi. Per Massimo e Geneviève non comincia esattamente bene. Lei fresca di volo aereo da Parigi si presenta al suo bar per mettere qualcosa sotto i denti e trova una manica di italiani maleducati che la prendono in giro, compreso il proprietario che non riesce a trattenere un sorriso di fronte alle pessime battute dei clienti. Lei reagisce impulsivamente e svuota una zuccheriera di fronte a Massimo che resta impietrito. 
Dopo quell’episodio se ne susseguono altri uno più mirabolante dell’altro che fanno alzare il cielo e sospirare. Uno dei tanti è il vaso rotto in testa a Massimo dalla ragazza perché lui si è intrufolato nell’appartamento che lei ha ereditato pensando ci fossero i ladri.
Ma sembra un comportamento normale? Bah..
Un po’ alla volta i due nonostante lo scoglio linguistico riescono ad avvicinarsi e a legare un po’ fino a quando lei momento deve tornare a Parigi e dopo qualche giorno dalla sua partenza viene recapitato a Massimo il suo diario. Comincia così un viaggio intimo nella vita della francese che aiuterà il ragazzo a comprendere il suo animo e il suo carattere…
Al di là che è una storia vista e rivista, lo scoglio più grande che ho trovato durante la lettura è stato la banalità della scrittura. Per tante, troppe pagine si è ripetuta la descrizione della ragazza nei minimi dettagli. Così come le ordinazioni dei clienti abituali del bar. La prima volta l’ho trovato simpatico, ma dopo essermi accorta che lo scriveva ogni volta ho sbuffato. Vogliamo parlare delle precisazioni fatte tra parentesi che duravano un tempo infinito? A quel punto scrivi un paragrafo e basta, lascia stare le parentesi! Risultato finale? Ho gioito quando l’ho finito ed ero ancor più contenta nel ricordare che non avevo speso niente per leggerlo avendolo preso in prestito in biblioteca. Ho solo rubato tempo a letture più piacevoli e stimolanti. Per fortuna il libro è breve e l’ho letto nel tempo di un weekend.
Questa sarà la prima e ultima volta che non mi fiderò del mio istinto e che leggerò qualcosa di Diego Galdino.
È un libro piatto, che non mi ha lasciato niente se non la voglia di buttarlo dalla finestra. Si può definire non classificabile? Perché mettere una stella sarebbe ancora troppo!

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