L'isola di Arturo - Elsa Morante
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 398
Prezzo: 12,00 €
Trama:
Arturo, il guerresco ragazzo dal nome di una stella, vive in un'isola tra spiagge e scogliere, pago di sogni fantastici. Non si cura di vestiti né di cibi. E' stato allevato con latte di capra. La vita per lui è promessa solo di imprese e di libertà assoluta. E ora ricorda. Queste sono le sue memorie, dall'idillio solitario alla scoperta della vita: l'amore, l'amicizia, il dolore, la disperazione.
Secondo romando della Morante, dopo Menzogna e sortilegio (1948), l'Isola di Arturo confermò tutte le qualità della scrittrice romana: l'impasto di elementi realistici e fiabeschi, la forte suggestione del linguaggio. Arturo, come Elsa in Menzogna e sortilegio, si porta addosso la croce di far parte non di un oggi ma di un sempre.
Pagine: 398
Prezzo: 12,00 €
Trama:
Arturo, il guerresco ragazzo dal nome di una stella, vive in un'isola tra spiagge e scogliere, pago di sogni fantastici. Non si cura di vestiti né di cibi. E' stato allevato con latte di capra. La vita per lui è promessa solo di imprese e di libertà assoluta. E ora ricorda. Queste sono le sue memorie, dall'idillio solitario alla scoperta della vita: l'amore, l'amicizia, il dolore, la disperazione.
Secondo romando della Morante, dopo Menzogna e sortilegio (1948), l'Isola di Arturo confermò tutte le qualità della scrittrice romana: l'impasto di elementi realistici e fiabeschi, la forte suggestione del linguaggio. Arturo, come Elsa in Menzogna e sortilegio, si porta addosso la croce di far parte non di un oggi ma di un sempre.
Dopo aver finito questo libro la prima domanda che mi sono posta è stata: è giusto recensire un libro così importante per la letteratura italiana?
È giusto arricciare il naso, annoiarsi e addirittura sbadigliare per l'opera di un'autrice così importante?
Con questa lettura ho avuto l'ennesima riprova che spesso i libri considerati capolavori per me non sono altro che letture inutili e insoddisfacenti. Probabilmente sono io quella sbagliata, quella che non sa riconoscere il genio, lo spessore o la finezza di certi passaggi. Eppure, mio malgrado, devo ammettere di aver tirato un sospiro di sollievo per aver finito questo libro, ho festeggiato interiormente la fine di una lettura che per me era diventata un'agonia.
Ci troviamo in Italia, a Procida, poco prima della Seconda Guerra Mondiale.
Il protagonista di questo libro è Arturo, un bambino orfano di madre e direi anche di padre visto che quest'ultimo è sempre lontano da casa.
Arturo cresce in modo selvaggio in un casa grande, sporca e solo. Quando è piccolo viene accudito da un "balio" di nome Silvestro e un uomo viene a preparare sia il pranzo e la cena che poi lui mangia in solitudine.
Non ha regole Arturo. Non va a scuola, si veste di stracci, vaga per l'isola tutto il giorno. Attende in ansia il ritorno di suo padre che idealizza.
Ai suoi occhi Wilhelm è un dio, una figura inarrivabile. Lo idealizza a tal punto da non vedere la realtà e, purtroppo, cresce con i suoi stessi ideali.
Disprezza le donne, le crede una sciagura e degli esseri inutili.
Qualcosa cambia quando in scena compare Nunziata, una ragazza poco più grande di Arturo che va in sposa a suo padre (e qui mi sono chiesta la necessità di sposare una donna date le considerazioni sul genere femminile?).
Nunziata è una ragazza ingenua, senza istruzione ma fondamentalmente buona. Sposa un uomo che non ama, si prende cura di una casa che cade a pezzi e cerca di instaurare un rapporto con Arturo.
Ed è qui che la storia cambia, perché Arturo vede una donna da vicino, nella sua casa, e comincia a farsi domande. A non capire cosa prova quando sta con lei.
Inizialmente le è indifferente, la tiene lontana perché continua a pensare alle brutte cose che dice suo padre sulle donne.
Durante le assenze di Wilhelm, però, la conosce meglio e comincia a chiedersi come doveva essere stata la sua di madre, morta dandolo alla luce.
Credo sia proprio l'arrivo di Nunziata che stravolge tutto, che cambia il corso della storia di Arturo. Apre gli occhi a quel ragazzo che ha avuto solo l'esempio di suo padre. E questa svolta segnerà per sempre la sua vita, portandolo ad allontanarsi dall'isola.
Di Procida si parla poco. Ci sono poche descrizioni. I procidani sembrano persone schive e odiano Wilhelm Gerace (come dare loro torto?). Ed è un peccato perché speravo di innamorarmi almeno di Procida, speravo di trovare delle delle descrizioni e invece mi sono dovuta accontentare di qualche cosa buttata qua e là.
Di questo libro mi è piaciuto poco o niente.
Ho detestato tutti i personaggi, perfino l'ingenua Nunziata.
La figura che ho trovato più disturbante in assoluto è il padre di Arturo. Un uomo meschino, egoista, che nella vita non si sa bene cosa faccia e dove lo portino i suoi viaggi. Detesta le donne e ci sono certi passaggi che fanno accapponare la pelle, non ha un rapporto con suo figlio.
Arturo, non avendo avuto altri che lui, è cresciuto in modo simile ma fortunatamente lui qualche domanda se la pone. È giovane, ha la possibilità di redimersi e capire chi è suo padre, e cosa rappresenta per lui Nunziata. Ha un carattere sanguigno, forse ingenuo e sicuramente cerca di proteggersi perché non ha nessuno che lo fa al posto suo.
Cosa mi rimarrà di questo libro? Purtroppo niente.
Ho provato noia, disgusto nei confronti di Wilhelm e tristezza per Nunziata.
Avevo grandi aspettative che sono state deluse praticamente da subito.
La scrittura di Elsa Morante a volte si è persa in descrizioni lunghe, lunghissime dello stato d'animo di Arturo. L'intero libro è un racconto del protagonista ma talvolta i capitoli sembravano eterni e spesso mi sono trovata a contare le pagine che mi mancavano per finirlo.
Purtroppo questo approccio ad Elsa Morante è andato male e a questo punto non so se ce ne saranno altri.
Lo consiglio? No.
Ma se qualcuno volesse leggerlo si armi di pazienza, perché se avessi avuto di fronte Arturo o Wilhelm un sono ceffone ad ogni pagina lo avrei dato più che volentieri.
Valutazione:
★★/5
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